27.5.09

LA DONNA CHE NON DIMENTICA NIENTE

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Sembra la storia di Google-man , ma al femminile.
Jill Price è una donna di 43 anni a cui non sfugge veramente niente. Potrà sembrare impossibile ma se le si chiede che tempo faceva in un giorno preciso di 20 anni fa o più, lei ha sempre la risposta corretta.
Il caso di Jill è stato scoperto nel 2006 e da allora team di scienziati da tutto il Mondo hanno osservato questa incredibile capacità di ricordare tutto che potrebbe quasi essere una condanna: ricordare tutto senza mai dimenticare niente.
Per lei i ricercatori hanno coniato una nuovo termine scientifico per descrivere questa - al momento unica - condizione: sindrome ipertimestica (o sindrome ipermnestica).
Di Jill si parlò per la prima volta in un articolo scientifico pubblicato nel 2006 sulla rivista Neurocase dal dottor James McCaugh, uno dei principali esperti del mondo in materia di memoria, dapprima scettico, poi sempre più intrigato dal mistero. Tanto da coinvolgere altri due colleghi dell’Università di Irvine, in California, Elizabeth Parker, professore di neurologia e psichiatria, e Larry Cahill, professore associato di neurobiologia e comportamento, che hanno sottoposto la donna ad una serie di test.
Al momento la comunità scientifica non ha saputo spiegare questo strano fenomeno. Una cosa, comunque, è sicura: Jill ama l’ordine, e presenta tendenze compulsive. Ogni cosa, in casa sua, deve avere un posto preciso. Lo stesso, forse, accade nel suo cervello, capace di catalogare in modo infallibile un’enorme quantità di dati.
Un dettaglio interessante, riscontrato anche in altre due persone con memoria simile, che si sono fatti avanti dopo aver sentito parlare di Jill, è la mania di collezionare di tutto: bambole, canzoni registrate dalla radio, periodici, etc.
«Non voglio essere curata, professore», ripete continuamente. Perché se da un lato i ricordi sono una prigione, dall’altro lei non ci rinuncerebbe mai. La sua intenzione è solo quella di capire, di analizzare a fondo questa capacità. «E noi l’aiuteremo a farlo», ha concluso il neurobiologo James McGaugh.

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